Avanguardie in Italia: il futurismo
Umberto Boccioni
Il movimento futurista si riconosce nelle parole di Filippo Tommaso Marinetti che ne elabora il Manifesto pubblicato nel 1909. Con parole decisamente indisponenti, il Manifesto enuncia la fede nel progresso scientifico — non nuovo in realtà, vedi l’Illuminismo!- che esalta il movimento febbrile dell’uomo moderno anche con l’ausilio delle macchine -e automobili- che aumentano potenza e velocità. Le metropoli, soprattutto Milano, diventano il “contenitore geografico” dei cambiamenti: con il moltiplicarsi delle officine, delle fabbriche e di nuovi insediamenti che sconvolgono l’urbanistica tradizionale.
Aderiscono al movimento, fra altri, artisti come Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Gino Severini e Fortunato Depero.
Umberto Boccioni, tra i più grandi artisti del Novecento italiano, nasce nel 1882 a Raggio Calabria, poi si trasferisce a Roma e incontra Severini e Balla.
Il dipinto rappresenta una scena domestica dove un’anziana signora in penombra viene ritratta, dall’alto verso il basso. La signora Virginia, è accomodata su una poltrona, con un gatto dal pelo rossiccio, che si è accucciato sulle sue gambe. L’immagine, dal taglio fotografico, si completa nello scorcio di una camera da letto in piena luce. Il dipinto risente di un certo influsso del naturalismo e l’uso della tecnica divisionista non fa che aumentare un senso di “movimento” che sarà alla base della poetica di Boccioni.
Ancora lontano dalla poetica futurista è il ritratto intimo dell’anziana, avvolta in un leggero scialle bianco, intenta in lavori femminili. Tutto giocato sui toni terrosi, il dipinto sembra quasi non voler mettere in luce l’intimità domestica dove si trova la donna.
Anche nei paesaggi, Umberto Boccioni, non ancora affrancato al Futurismo, utilizza il divisionismo per aumentare la sensazione mobile dell’acqua e dei riflessi.
La luce che invade la stanza, attraverso la finestra senza tende, si pone quasi come soggetto dell’opera, mentre una città con tram, gente e ancora un piccolo carro trainato da cavalli fungono da sfondo dopo una leggera ringhiera elegante. La giovane tiene fra le mani un libro, ma alza gli occhi e fissa l’osservatore come se fosse stata, improvvisamente, distratta dalla sua lettura.
Le protagoniste del dipinto sono la madre di Boccioni, Cecilia a sinistra, a destra sua sorella Amelia, mentre al centro Ines, la sua amante.
Peculiarità di Boccioni è l’utilizzo del controluce che, tuttavia in quest’opera, ci sorprende per l’evanescenza delle figure che appaiono quasi senza riferimenti spaziali.
Proprio la luce e l’ombra , usate fino a quell’epoca per costruire i corpi - come nei ritratti precedenti- , sembra,invece, nelle “ Tre donne” smaterializzarli rendendoli quasi senza solidità. Si noti, ad esempio, le lunghe pennellate luminose sulla figura materna e quelli che partono dalle mani della sorella, come la luminosità che dalle ginocchia di Amelia compenetra parte di quella della madre.
Il linguaggio pittorico di Boccioni sembra cambiare dopo il lancio del Manifesto del futurismo. Questo dipinto -quasi un documento storico- ci riporta all’interno della tematica della crescita urbana delle città industriali. La via che si staglia obliquamente ci offre in senso della distanza mentre la vista dall’alto ci fa immaginare di essere alla finestra di un edificio alto, appena costruito. Le persone si stanno affrettando per recarsi al lavoro: il mattino è appena iniziato ma già le ciminiere sulla sinistra sono in funzione.
Diversa, e non solo per il tema iconografico, ma per impostazione spaziale, nei colori e nel linguaggio pittorico, l’opera “Il lutto”. Boccioni accavalla l’immagine di diverse donne, tutte vestite di nero che si fondono nel buio. le uniche note di colore lo troviamo nei volti sconvolti dal dolore, nei capelli -che a volte paiono prendere vita come le serpi di Medusa- , nei crisantemi e nella bara che fugge prospetticamente in alto a sinistra. L’intreccio della sofferenza sembra riverberare nelle mani e nella gestualità leggermente soppressa, mentre l’assenza di spazialità sottolinea l’angoscia.
Il dipinto fu eseguito in due tempi: la prima molto più tendente all’espressionismo fu poi rielaborata sotto una chiave cubista di compenetrazione spazio-temporale. I punti di vista sono moltiplicati: siamo al tavolino, in un vivace caffè affollato, attorniati da persone, sentiamo le voci che si accavallano in mille discorsi, fra colori e abiti e femminili. L’opera può essere considerata come un emblema della modernità, e — attraverso la vita notturna e i luoghi di aggregazione della città- rappresenta sia il progresso, che la vitalità senza freni insieme a una certa ironia per gli schemi della vita tradizionale.
Anche in quest’opera sono presenti le istanze futuristiche della modernità insieme a un linguaggio cubista di compenetrazione spaziale. La protagonista del dipinto guarda una città metropolitana fatta da altezze che si moltiplicano e deragliano da orizzontali, in verticali e in obliqui. Il dipinto rappresenta l’immagine sensoriale che si è costruita nella mente della giovane che guarda dalla finestra.
Protagonista del dipinto è Cecilia Forlani, madre dell’artista, seduta sul piccolo balcone della loro casa e dietro di lei, appoggiata alla ringhiera, si estende la città. Citando una precedente opera -” La città che sale” del 1910- , Boccioni circonda la donna con un cavallo e un uomo, sottolineando la loro vivacità nel colore rosso simbolo di forza.
Ma perchè il titolo “materia” se la raffigurazione è sua madre al balcone con lo sfondo cittadino? In Aristotele, la materia è la realtà. Pertanto, se la realtà è l’unione di materia e forma, la madre è materia. Materia che crea altra materia.
Il dipinto mette in mostra le peculiarità del movimento umano: l’esaltazione della velocità e del vigore fisico che deve innescarsi nello sport del calcio. Il corpo dell’atleta si riflette nell’aria -e nel paesaggio circostanti-. come se guardassimo i suoi movimenti al rallentatore.
Al centro è dipinta la coscia destra mentre a sinistra, in basso si trova la gamba.
Questo schema spiega il dipinto che, ad uno sguardo veloce, potrebbe suggerire solo una composizione astratta.
L’immagine del capolavoro plastico di Boccioni “Forme uniche della continuità nello spazio” del 1913 (Museum of Modern Art) è stata riprodotta dal 2002 sulla moneta italiana da 20 centesimi di euro.
L’opera ci rimanda ad una potente e possente figura umana nell’atto di camminare.
Tuttavia l’attenzione, oltre all’assenza di arti superiori, viene catturata dai pieni e dai vuoti che caratterizzano la statua. Il gioco di ombre e luci che innesca questa peculiarità offrono una vorticosa dinamicità, insieme alla “scia” plastica prodotta dal movimento. Pensate ad un corpo che cammina nell’acqua, ad esempio.
Il pensiero che sottace a questa particolare opera è allontanarsi da una mera operazione mimetica dell’uomo nello spazio e, invece, sottolineare la sintesi tra le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale. Il corpo penetra con il suo movimento nello spazio e si innesca l’incessante “scambio” di forze e forme.
Con l’ingresso dell’Italia nel primo conflitto bellico mondiale nel 1915, Boccioni si arruola volontario e nelle pause continua a dipingere su un’isolotto nei pressi di Pallanza.
Qui ritrova una pittura più solida e, pur non rinunciando alla compenetrazione spaziale futurista, si riavvicina ad una composizione pittorica, come tutti i pittori delle avanguardie europee, più statica e pacata.
Il “Paesaggio montuoso” rappresenta una veduta di San Remigio di Pallanza.
La composizione è , ormai completamente, scevra da ogni elemento futurista e, come nella precedente natura morta, si può notare l’avvicinamento alla poetica di Cezanne, attraverso un’indagine analitica -e geometrica- della realtà e della natura che la compone.
Umberto Boccioni muore in seguito a una banale caduta da cavallo a 33 anni, nel 1916.
N.B. lo schema del dipinto e le fotografie sono state tratte dall’articolo del sito PotenziamentoArteimmagine