Città nell’arte: Roma
Come il paesaggio urbano è visto dagli artisti
La Sala affrescata dal Falconetto a Palazzo d’Arco a Mantova presenta i dodici segni zodiacali fra cui il cancro. Fa da sfondo del riquadro il Colosseo. Ercole sta combattendo con l’Idra. Alle sue spalle i lavori del mese a cavallo tra la fine giugno e metà luglio.
Il viaggio a Roma per gli artisti europei era quasi un obbligo per approfondire la loro ricerca e arricchire lo studio artistico. Il pittore si ritrae, dunque, a Roma per manifestare il suo percorso culturale.
L’artista olandese nel maggio del 1532 viaggiò in Italia. Arrivato a Roma, affascinato dalla città, vi rimase molti anni . Con zelo e precisione ugualmente mirabili disegnò a penna tutte le antichità romane compresi i ruderi e statue con molta precisione. La gran parte questi disegni, di grande valore storico, sono conservati nel Gabinetto delle Stampe di Berlino.
Un secondo dipinto che ha come soggetto il Colosseo: Maarten van Heemskerck immagina la colossale statua di Nerone al centro delle rovine. Nerone viene rappresentato come portatore di luce.
Le vedute erano ritenute un genere inferiore e all’interno di questa iconografia i “capricci” erano paesaggi di fantasia con elementi reali. Marco Ricci inserisce la Piramide Cestia del I secolo a.C. in una utopica cornice di antiche rovine con personaggi a lui coevi.
Il veneto Marco Ricci fu un artista molto rissoso e addirittura dovette fuggire da Venezia per un omicidio dopo una rissa.
Gaspar van Vittel giunse a Roma nel 1674 dove diventò noto per le sue nitide e precise vedute urbanistiche, frutto anche dell’utilizzo degli strumenti dei cartografi nordeuropei, come la cosiddetta “scatola ottica”.
Il pittore dopo aver indossato un telo sulla testa e sulle spalle -come avveniva per i primi fotografi- per isolarsi dalla luce, ricalcava le linee degli edifici. Infatti la veduta veniva proiettata su un foglio, al contrario, dalla lente.
Van Vittel, precursore, descrive l’ambiente romano settecentesco aggiungendo elementi di vita quotidiana come i pescatori e….
….anima le sue vedute con bambini che giocano, adulti che parlano e fanciulle leggiadre.
Il risultato così preciso e la grande spazialità della veduta è generato dall’uso della camera ottica.
Bellotto, come già il Ricci, cede al “capriccio” e mescola con cura monumenti reali con la sua fantasia. L’inserimento delle figure umane è sicuramente un espediente per rendere ancora più imponenti le antiche rovine.
Belotto nipote del famoso Canaletto, nel corso degli anni, mutò il suo stile differenziandosi da quello del parente-maestro. Se Canaletto illustrava con una luca cristallizzata le sue vedute il Belotto, al contrario, ne sottolinea le ombre.
Ecco un esempio di come l’artista riesce a drammatizzare la veduta di una rovina del Foro romano attraverso una luce crepuscolare che offre una grande spazialità all’osservatore, riuscendo a dare il senso di grandezza dei monumenti narrati.
Il senso di profondità spaziale del dipinto ci viene suggerito sopratutto dal passaggio dell’ombra scura del primo piano sino alla luce radente dell’architettura del Campidoglio in una prospettiva profonda.
Opera unica nella produzione del sommo vedutista, fu eseguita in occasione di un evento straordinario, la nevicata del 1730 a Roma che provocò sconcerto, entusiasmo e divertimento nella popolazione e rimase memorabile nei secoli.
Il taglio della veduta è del tutto inedito anche per il Panini stesso, artista estroso e sempre ricchissimo di inventiva. Si tratta, cioè, di un raro caso di veduta riportabile a un luogo di osservazione circoscritto. È stato l’Arisi a riconoscere quel punto in un balcone del Palazzo Odescalchi che, all’epoca, era però di proprietà della famiglia Colonna. Lo studioso ne ha dedotto che dovettero essere proprio i Colonna a commissionare l’opera al Panini come ricordo eccezionale di un evento eccezionale.
Secondo l’analisi di Claudio Strinati, il Maestro imprime al dipinto una incomparabile vivacità e freschezza nelle figure dei personaggi che giocano a palle di neve, mentre l’immagine della città circostante si erge, se possibile, ancora più maestosa e solenne, culminando nella formidabile visione del Colosseo in lontananza che sembra porsi come un punto focale, oltre il quale si intravedono le montagne con una prospettiva lunghissima che esalta la vista e l’intelligenza di chi osserva l’opera stessa. cit. https://www.fondazionesorgentegroup.com › Roma-sott…
Fra le sue vedute più celebri c’è L’interno del Pantheon in cui popola la scena con visitatori stranieri e un misto di Romani e visitatori di tutti i ceti sociali, riuniti nel Pantheon per pregare. Esagera la prospettiva per donare una visione degli interni più ampia grazie anche alla visione del portale che apre alle colonne colossali del portico. Il dipinto offre uno scorcio dell’obelisco nella piazza davanti alla chiesa. Dall’Oculus Pannini fa intravedere un cielo blu contornato da nuvole. cit. https://www.lospessore.com › STORIA
Pannini reinterpreta scenograficamente il vedutismo e nei suoi dipinti su scorci di Roma unisce il “capriccio” alla realtà.
Giovanni Paolo Pannini (o Panini), il più celebrato e popolare pittore della Roma del diciottesimo secolo nasce a Piacenza il 17 giugno del 1691. Si specializza nelle vedute di Roma. Ma è tra il 1740 e il 1750 che l’artista produrrà il maggior numero di vedute soprattutto per soddisfare la grande richiesta commerciale del Grand Tour, molto amati dal popolo britannico
Al termine della sua carriera sarà maestro di Hubert Robert che da lui erediterà la passione per le rovine e i capricci architettonici.
L’artista mescola l’archeologia con l’elemento fantastico di una Roma in fiamme grazie agli effetti di luce e il tono drammatico della scena.
Robert Hubert dal 1754 al 1765 vive in Italia,soprattutto a Roma. Qui realizza un gran numero di disegni che diverranno fonte di guadagno al suo ritorno a Parigi.
Alcuni dei suoi dipinti mostrano architetture reali, mentre in altre opere sono raffigurati diversi tipi di rovine immaginarie o versioni di edifici contemporanei.
Thomas Cole inglese e naturalizzato statunitense dipinge una allegoria della distruzione di Roma, probabilmente alludendo al Sacco di Roma ma anche alla devastazione dell’uomo sulla natura.
Il dipinto, infatti, fa parte di cinque dipinti sempre con lo stesso punto di vista ma pian piano urbanizzati.
Il primo della serie: natura e uomo convivono.
Secondo dipinto: l’uomo piega la natura ai propri bisogni ma senza ferirla.
Dipinto che precede la distruzione.
La natura si riprende il proprio territorio ferito dall’uomo.
L’artista riproduce il ponte che è stato più volte distrutto e restaurato. La particolarità è che presenta una varietà di materiali e tecniche costruttive di un ampio arco temporale: dall’età antica a quella medievale e moderna.
Anche se il pittore è poco noto nei manuali di storia dell’arte, tuttavia riproduce in modo esemplare, in piena epoca romantica, uno sguardo delle rovine romane che ancora ad oggi mantengono il fascino.
“Modern Rome — Campo Vaccino” mostra da una prospettiva insolita il leggendario Foro Romano, che in antichità era chiamato proprio Campo Vaccino, da cui deriva il nome della tela. Questo lavoro è stato il prodotto delle due visite che Turner fece in Italia e che lo portarono a perfezionare la propria tecnica. Riempie la tela di nebbia che nasconde molti dei dettagli dell’architettura. Tuttavia i contorni dei principali monumenti sono tutti perfettamente riconoscibili. Per sottolineare la contemporaneità alla visione, Turner aggiunge la presenza dei pastori con le capre.
Il dipinto Piazza Navona di Scipione, pseudonimo di Gino Bonichi, rappresenta uno dei soggetti dedicati alle piazze e alle vedute romane. La sua personale visione è di una città trasfigurata e infuocata.
I quadri di Scipione sono caratterizzati da colori forti che offrono una grande energia ma anche un senso di disagio. Le vedute di Roma si connotano in forme opprimenti contrapponendosi di fatto ai vedutisti settecenteschi. Scipione fu anche disegnatore, poeta e scrittore.
Scipione è il pittore che insieme a Mafai, Raphael, Mazzacurati, fondò la Scuola Romana di pittura, detta anche Scuola di via Cavour, dove aveva sede il loro atelier. Nella sua brevissima via (1904–1933), dipinse alcuni capolavori, come questo, caratterizzati da un segno pittorico espressionista e barocco insieme. Notare che c’è un angelo che ha spiccato il volo dal suo piedistallo. Cit.http://www.aladinpensiero.it › tag=immagini-dal-secolo…
Il ponte Sant’Angelo fu così chiamato nel Medioevo. Quando l’imperatore Adriano lo fece costruire per collegare il suo mausoleo alla sponda sinistra del Tevere lo denominò ponte Elio. In epoca paleocristiana era il ponte dei pellegrini che si recavano alla Basilica Vaticana. Dante cita il ponte nell’Inferno canto XVIII.
I dieci angeli del ponte portano ciascuno i simboli della Passione di Cristo e sono preceduti dalle statue di San Pietro e San Paolo.
La passione per le macchine, il moto, la velocità si trasforma nel Secondo Futurismo con le nuove scoperte ed applicazioni scientifiche e tecnologiche che portano all’aeropittura. Guglielmo Sansoni, in arte Tato, firma con altri importanti artisti nel 1929 il Manifesto dell’aeropittura.
I loro intenti sono di mostrare la mutata prospettiva della visione del mondo data dall’osservazione aerea. Roma e il suo più famoso ed emblematico monumento è dipinta come se fossimo a bordo del piccolo aereo mentre scende in picchiata.