Iconografia della Croce e della Crocefissione
In ambito paleocristiano, dopo il Concilio di Nicea del 325 e, soprattutto, dopo le resistenze iconoclaste, appare la rappresentazione della Croce ma senza la Crocefissione. Si tratta, infatti, di rappresentare la Croce Vittoriosa, la Croce della Salvezza e della Vittoria sulla morte fisica.
Il più antico mosaico paleocristiano con la Croce Gemmata sopra Cristo è in Santa Pudenziana a Roma, rappresenta la vittoria della fede sui pagani e, analogamente, la Resurrezione.
Cristo in Trono, seduto con una mano benedicente e l’altra sul libro, è circondato da due ali di persone che rappresentano le due radici della nuova fede - gli ebrei e i pagani- personificate dalle due donne che coronano di fiori rispettivamente i due santi Paolo e Pietro.
La grande aureola dorata che circonda il capo di Cristo è il simbolo della luce e della sua natura divina. Nel cielo azzurro gli evangelisti sono rappresentati simbolicamente:l’angelo per Matteo, l’aquila per Giovanni, il leone per Marco e il toro alato per Luca.
Il mosaico è ambientato a Gerusalemme.
Nel catino absidale di Sant’Apillinare viene presentato un cielo dorato e un paesaggio verdissimo con alberi, rocce, fiori ed uccelli.
Un grande clipeo — scudo rotondo- racchiude il cielo trapunto da stelle che circondano una grande croce gemmata. La Croce Vittoriosa è il simbolo della salvezza e sopra si scorge la mano di Dio circondata da Mosè ed Elia, mentre le tre pecore sono simboliche degli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni.
Sant’Apollinare è al centro, sotto la Croce gemmata, con le mani in atteggiamento di preghiera e circondato da dodici pecore che rappresentano i seguaci.
La Crocifissione in una formella lignea di Santa Sabina è una delle più antiche rappresentazioni della Crocefissione. Cristo è rappresentato Trionfante non solo nella sproporzione simbolica ma anche per gli occhi aperti che sottolineano la vittoria sulla morte.
Nell’Alto Medioevo compare l’iconografia della Crofessione con Maria e San Giovanni e i due sodati romani: Longino con la lancia e l’altro con la spugna imbevuta di aceto . È una delle prime rappresentazione che esce dal simbolismo paleocristiano della Croce Vittoriosa e rappresenta la Crocifissione. La figura di Cristo di proporzioni maggiori rispetto agli altri personaggi non mostra dolore, gli occhi sono aperti e indossa una veste sacerdotale.
Dopo il Mille, con i Crocifissi di Cimabue e di Giotto la rappresentazione tenderà ad accendere l’ emotività e la drammaticità attraverso la accentuazione delle piaghe, del sangue e della corona di spine.
Le croci di Giotto presentano molte novità: l’evidente evoluzione di un realismo anatomico e narrativo e il modello del Cristus patiens o Cristo Sofferente .
Nel Crofisso di Donatello si legge tutta la volontà rinascimentale del rinnovamento artistico e l’attenzione alla anatomia. Si assiste a una “Devotio Moderna” che viene favorita da una interiorizzazione del dolore. Nella Crocefissione si presenta il Cristo come L’UOMO PERFETTO.
La figura di Cristo è posta su un’alta croce -e non a caso, poichè tendiamo, per guardare il volto di Gesù ad alzarare la testa-su uno sfondo arido e da un cielo molto profondo. Il Cristo, dipinto con un forte chiaroscuro che ne accentua la plasticità, è nello stile di Massccio , primo pittore rinascimentale. L’essenzialità della rappresentazione con San Domenico che abbraccia la Croce sottolinea che il dipinto doveva stimolare la meditazione.
Il dramma della croce viene tradotto in immagine da Michelangelo. Cristo è rappresentato in un atteggiamento sofferente, con forte realismo. Il corpo di Cristo è gracile completamente nudo, quasi a simboleggiare l’assenza di difese davanti alla morte.
Dopo la Riforma protestante, il Concilio di Trento favorirà il rilancio dell’arte cattolica in funzione propagandistica, i Crocefissi Agonizzanti, molto intensi e commoventi sono funzionali alla commozione che devono destare.
Nel ‘900 e nell’arte contemporanea, si tenderà ad esprimere nell’iconografia della Crocefissione il dramma del mondo e del secolo: le guerre mondiali, lo sterminio nazista, il tema del razzismo.
”Crocifissione” dipinta da Renato Guttuso nel 1941, suscitò scalpore e sgomento per come fu reinterpretata l’iconografia dall’artista. Fu, infatti, giudicata una volgare provocazione che minava la cultura e la fede.
Elementi di scandalo furono la disposizione delle tre croci, non più allineate e frontali, il volto del Cristo non visibile, la Maddalena completamente nuda che cinge il corpo esanime del Cristo.
Salvador Dalì rovescia l’iconografia tradizionale e si osserva il Crocefisso dall’alto in basso -con gli occhi di Dio- . La Luce del divino illumina, attraverso il Figlio, anche la zona sottostante dell’opera dove viene ritratto uno specchio d’acqua quasi a ricordare la Chiesa come barca che deve essere guidata.
L’opera fotografica del controverso artista riproduce lo schema iconografico tradizionale rendendo facilmente riconoscibili i tre personaggi. Il colore rosso e le figure ridotte ad ombre allungate esalta la drammaticità dell’evento.