Il Realismo in Italia

paola magni
5 min readNov 16, 2022

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Il realismo in Italia si manifestò all’interno del sentimento patriottico, parallelamente all’unificazione della penisola, e verso la metà dell’Ottocento si assiste alla formazione di un linguaggio artistico nazionale.

Centro della divulgazione di questo nuovo linguaggio è Firenze, in particolare nel Caffè Michelangelo, dove gli artisti discutono sulle novità proposte dall’Esposizione universale di Parigi del 1855. In questa sede, fra altri dipinti come “ L’Angelus” di Millet, era esposto “La Libertà che guida il popolo” di Eugene Delacroix.

La Libertà che guida il popolo, 1830, Eugene Delacroix, Louvre, Parigi

La documentazione dei moti del luglio del 1830 di Parigi che metterà fine al regno di Carlo III non è nel dipinto oggettiva, ovvero non descrive un avvenimento nè un momento saliente. E’ un manifesto ideologico che mischia l’allegoria -tipica del classico- con il realismo. La Libertà è personificata da una donna a petto nudo con il capo coperto dal berretto frigio simbolico della Rivoluzione che è chiaramente ispirata alla Venere di Milo ma che anche mostra peluria sotto le ascelle.

Allo stesso modo, sovrapponendo realismo e allegoria, sfalda i connotati visivi dei rivoltosi — così da poterci eventualmente rispecchiare -ma sottolinea, attraverso i loro abiti, le condizioni economico-sociali della loro provenienza. Vediamo, pertanto, la borghesia con il cilindro — forse autoritratto dello stesso artista- , l’azzurra blusa della classe operaia, una divisa per il soldato, il coraggio dei ragazzi con le pistole… la nudità delle vittime.

Analogamente alla novità del soggetto, Delacroix utilizza una tecnica nuovo per la stesura del colore. Non sfuma i colori ma li usa puri accostandoli sulla tela.

La passeggiata del Muro Torto, 1852, Antonio Puccinelli, Istituto Matteucci, Viareggio

Nel Caffè Michelangelo gli artisti parlano anche della “scuola di Barbison” e, ponendosi in contrasto con le Accademie, si teorizza la “pittura a macchia”. Gli artisti elaborano la teoria di una visione pittorica pari a quella dell’occhio, ovvero i soggetti si percepiscono senza senza alcuna linea di contorno. Il colore, che ci appare come una macchia, rimane impresso nella nostra visione e, sulla tela, la composizione dovrà essere a “macchie” di colore se si vuole raggiungere una “visione reale”.

Uno dei primi esempi della pittura a macchia è nel dipinto di Puccinelli. Alla tecnica macchiaiola si aggiunge il soggetto lontano dai temi storici o religiosi, una visione -quasi una istantanea- di una passeggiata di nobildonne e nobiluomini, ovvero una scena di vita reale.

La sala delle agitate nell’ospizio di San Bonifacio, noto anche come La sala delle agitate al San Bonifazio in Firenze o semplicemente come La sala delle agitate, 1865, Telemaco Signorini,Galleria d’arte moderna di Ca’ Pesaro, a Venezia

Caposcuola dei macchiaioli è sicuramente Telemaco Signorini. Dopo pitture dedicate a cogliere attimi di vita, l’artista si dedicherà al realismo sociale.

La scena è spietata: in un grande spazio luminoso ma spoglio si addensano a destra molte figure femminili, alcune ripiegate su stesse, altre con il pugno alzato, altre ancora che sembrano non riuscire ad mantenere una postura eretta. Una donna nella penombra si è alzata e si lascia indagare dal nostro sguardo: i capelli scomposti, il profilo scarno, la magrezza e l’assoluta inattività. A sinistra una donna è avvolta in un lenzuolo bianco, l’unica figura frontale alle altre, pare specchiarsi, senza sentirsi parte, in quell’universo femminile deviante.

La toilette del mattino, Telemaco Signorini, 1898, Collezione Privata

L’impianto prospettico a campo lungo sembra influenzato da Degas.

Il foyer della danza al teatro dell’opera, 1872, Edgar Degas. Musee d’Orsay, Parigi

I soggetti, invece, sono sicuramente ripresi da Toulouse-Lautrec, il risveglio delle abitanti di un bordello fiorentino con tre avventori. Sorprendente il taglio fotografico che racconta le vicende di tre gruppi e non lascia che il nostro occhio si concentri solo sulla scena centrale.

La visita, 1868,.Silvestro Lega, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma

La poetica degli affetti famigliari è al centro della pittura di Silvestro Lega.

L’atmosfera invernale della Visita, del 1868, è resa magistralmente dall’aria tersa e dagli alberi spogli. Davanti a una casa di campagna, due giovani sorelle (vestite allo stesso modo, secondo l’uso dell’epoca) salutano affettuosamente la padrona di casa, appena uscita per accoglierle. A destra, le raggiunge la madre, lievemente attardata. L’abbraccio fra le due donne conferisce un senso di intimità alla scena. (1)

Diego Martelli a Castiglioncello, 1867 ca., Giovanni Fattori, Collezione Privata

Giovanni Fattori si forma nella scuola del Bezzuoli, celebre pittore di quadri romantici di carattere, quasi esclusivamente, storico. Entra in contatto con gli artisti del Caffè Michelangelo e con il critico d’arte Diego Martelli. La carriera artistica di Fattori, quindi, si forma tra l’accademismo e trasla poco alla volta nella modernità della macchia.

La Rotonda dei bagni Palmieri, Giovanni Fattori, 1866, Galleria d’Arte Moderna presso palazzo Pitti, a Firenze

Famosa l’opera del Fattori “ La Rotonda dei bagni Palmieri” dove è evidente l’elaborazione delle teorie “macchiaiole”. Naturalmente il soggetto è tratto dalla vita quotidiana: signore — fra cui la stessa moglie dell’artista- sedute all’ombra dei famosi bagni livornesi. Chiaramente, completamente vestite e con cappelli per non scurire la pelle che, al tempo doveva essere pallida.

Il formato insolitamente orizzontale concentra la visione delle donne raggruppate. L’azzurro intenso del mare contrasta con un luminoso cielo che quasi si imbianca e si contrappone alle coste brune.

(1) cit. Silvestro Lega — Arte Svelata | Blog di Giuseppe Nifosì

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