Il simbolismo della scala
Simbolicamente, nell’ambito religioso, significa l’ascesa dall’umano al divino o, nella discesa, verso gli inferi, al diabolico. Nell’ambito filosofico rappresenta la salita versa la sapienza.
Le scale, inoltre, sono un antichissimo simbolo condiviso da tutte le culture. Si pensi, infatti, alle ziggurat mesopotamiche — o alle piramidi o del centroamerica-
che riproducevano in architettura la salita verso l’ambiente dove risedevano gli dei.
La struttura architettonica dell’opera “Torre di Babele” a fasce ricalca le ziggurat, anche se nel dipinto sono elicoidali e non a terrazze. L’intento era quello di “salire” al cielo.
Nella narrazione biblica, la torre di Babele è il simbolo della presunzione umana. La superbia aveva condotto gli uomini alla volontà di raggiungere il cielo raggiungendolo attraverso una scala infinita, per essere simili alla divinità.
I basamenti o stilobati (1), sia a destra che a sinistra, del portale di Notre Dame a Parigi si sviluppano con decorazioni dedicate alla filosofia alchemica.
L’alchimia è personificata come una donna la cui fronte tocca le nubi, quindi la sua mente è aperta al cielo. Siede su in trono e tiene nella mano sinistra uno scettro, che sta a simboleggiare la sovranità, mentre con la mano destra tiene due libri, potere e sapere. Una scala a pioli , chiaramente atta a indicare l’elevazione spirituale e il pensiero, è tenuta fra le gambe.
Protagonista dello stiacciato (2), eseguito da un Michelangelo adolescente, è la Vergine seduta su un cubo, di profilo. Maria occupa tutta la parte verticale destra della superficie e sta alzando il panneggio dell’abito come nell’atto di allattare il Bambino.
Sullo sfondo, su una scala, vigorosi bambini giocano con vivacità.
Analogo al precedente di Michelangelo, il bozzetto di Rembrandt ritrae una donna con in braccio un bimbo. Tuttavia se il rilievo del Buonarroti era statico, qui si nota una certa dinamicità ed un live incedere incerto della madre per non inciampare sulle scale.
Secondo il filosofo Pino Blasone, in ambedue le immagini si concentra una visione di intimità: paradisiache o terrene, domestiche o celestiali.
L’immagine simbolica della scala più nota è, certamente, quella, narrata nel sogno di Giacobbe in fuga da Esaù.
La scala vista in sogno da Giacobbe è il simbolo della vita contemplativa: immagine della Provvidenza divina, un ponte gettato tra cielo e terra.
L’artista francese si caratterizza nella costruzione figurativa con un linguaggio limpido, cristallino. Incornicia il soggetto principale fra le rocce non dimenticando la citazione del testo biblico in cui si recita che un masso è usato come cuscino. Nella luce soffice, schermata da batuffoli di nuvole, scendono gli angeli mandati dal divino.
Più esplicito dell’opera di Tissot e molto più complesso dello schematico dipinto di Dipre, è l’affresco di Raffaello. Raffaello crea proprio l’immagine del “ponte” fra Giacobbe e Dio. Lo squarcio illuminato dalla luce divina, divide la profondità blu scura della notte avvicinandosi a Giacobbe addormentato.
Blake immagina una scala a spirale posta fra il cielo e la luce emanata dal divino.
Chagall divide verticalmente i due mondi: divino ed umano. Giacobbe è al centro mentre la scala è una semplice scala a pioli.
L’opera è parte di un ciclo che raccoglie centinaia di opere fra disegni, tele, pitture a guazzo, vetrate e arazzi conservati al Musée National Message Biblique Marc Chagall di Nizza.
Ma le scale non sono solo simboliche nell’Antico Testamento. Ricorrono anche nell’episodio, non narrato dai Vangeli ufficiali, della “presentazione di Maria” al Tempio e della sua conseguente consacrazione.
Maria aveva pochissimi anni e salì le scale da sola senza inciampare suscitando l’ammirazione dei sacerdoti e delle persone che si erano assiepate a guardare l’evento.
Tintoretto abbandona l’impianto prospettico centrale, tipico del Trecento, e rappresenta la scena dal basso, In questo modo evidenzia la piccola Maria e l’accentuata pendenza dei numerosi scalini.
Ecco una rappresentazione ancora diversa della lunga scalinata che percorre Maria Bambina verso il Tempio: non più frontale e neppure con un punto di fuga basso. Eppure c’è un elemento che è si ripete dalla precedente opera di Tintoretto: la piramide. Alcuni studiosi ravvisano nella piramide il passaggio dal politeismo al monoteismo, altri sottolineano l’aspetto della “montagna sacra” ovvero l’incontro con il Divino come per Mosè o il sacrificio di Cristo sul Golgota per la nostra salvezza.
Tiziano aggiunge inoltre una vecchia venditrice di uova in primo piano e proprio al centro della scena, quasi a voler porre l’accento su questa particolare figura. Alcuni sostengono sia connessa con la cesta stracolma di uova. L’uovo, pertanto, è un rimando alla verginità di Maria che colpita dalla luce e dal calore dei raggi divini partorirà Gesù.
I filosofi del Rinascimento avevano suggerito una interpretazione della malinconia, come temperamento del genio -in senso moderno- ovvero dotato di intelligenza e intuizioni superiori. La malinconia era un sentimento comune fra gli artisti, nei quali, infatti, predomina l’immaginazione rispetto alla ragione che domina gli studiosi. Adeguandoci a questa tesi, Dürer ci ha presentato un ritratto del suo comportamento mentale, poiché conosceva il pericolo degli artisti di immalinconirsi durante il loro lavoro troppo spirituale.
Il genio o l’artista, pur essendo dotato di ali non riesce a volare — paragonandolo ad un angelo caduto- e, dunque, per innalzarsi necessita di una scala. Anche se una semplice scala a pioli.
Dipinto denso di significati simbolici. La scala della stanza è a “chiocciola” con gradini alti, pedate che sembrano strette e tortuosamente si girano quasi a vortice. I gradini sembrano una metafora delle tante idee che il filosofo, durante la meditazione, deve numerare e ordinatamente esporle in concetti. La luce dell’alta finestra penetra dorata e riesce a malapena illuminare la donna che sta attizzando un fuoco. La luce e il fuoco si oppongono e sono divisi dalla scala, analogamente al filosofo e alla donna.
Il dipinto fu a lungo attribuito a Rembrandt. Infatti sembra una copia del precedente: un uomo anziano, un’alta finestra, una scala a chiocciola. Eppure le differenze sembrano notevoli: la scala è meno protagonista -relegata a sinistra, , la luce filtra più intensamente, la stanza presenta più vani — diminuendo la sensazione claustrofobica- mentre l’anziano si tocca il mento in un gesto tipico del pensatore.
Le Carceri di Piranesi, furono pubblicate in due distinte edizioni: la prima edizione fu pubblicata nel 1745 e consisteva di 14 incisioni, nella seconda del 1761, tutte le incisioni furono rielaborate e numerate. Naturalmente si tratta di immagini fantasticate dall’artista. Le architetture hanno una impronta sicuramente classica, quasi della Roma antica. Le scale con diverse direzioni sono le protagoniste di questa incisione: enormi, di legno, in pietra non offrono, tuttavia, nessuna via di fuga.
La peculiarità di Hopper è quella di far nascere, attraverso le sue opere “sospese”, una narrazione sempre particolare, soggettiva e, a volte inquietante allo spettatore. L’artista dipinge un pianerottolo non raggiunto, una porta chiusa, si ferma a metà della rampa e lascia alla nostra immaginazione chi o cosa possiamo incontrare, se un personaggio sta scendendo, o se alle nostre spalle qualcuno sta salendo.
Il modello per il monumento era alto sette metri ma che nella realtà avrebbe dovuto essere oltre i 400, ovvero più di qualsiasi -per il tempo- costruzione umana.
Si pensi, infatti, che la Torre Eiffel, costruita nel 1889 è alta “solo” 300 metri.
Il progetto di Tattin prevedeva dunque una torre elicoidale in ferro che si proponeva di essere una moderna torre di Babele dedicata al popolo, in quanto visibile da ogni posizione di Mosca. L’immensa torre interna avrebbe dovuto ruotare su se stessa, riproducendo il movimento dei pianeti intorno al sole.
Il progetto immaginava, inoltre, il monumento come una torre di comunicazione: gli appositi pannelli sulla sommità avrebbero trasmesso notiziari cinematografici, mentre il pennacchio poteva ospitare una stazione radio in grado di raggiungere tutto il territorio, simboleggiando la salita culturale della Unione Sovietica.
Mirò realizza più di 20 dipinti con il tema delle “Costellazioni” in un periodo di tempo di dieci anni: dal 1940 al 1950. Le opere sono composte da figure umane stilizzate, uccelli, stelle e segni simbolici, tutti elementi che si fondono insieme invitando lo spettatore a interpretare liberamente il significato di ogni dipinto. Come nel famoso “Carnevale di Arlecchino” -realizzato nella seconda metà degli anni ‘20- l’artista inserisce in quest’opera una scala a pioli, che poi confluisce nel titolo stesso.
La scala rappresenta l’evasione dalla realtà e dell’elevazione spirituale a cui Mirò stesso mira guardando il cielo stellato.
Escher per questa opera , è il parere di molti, si ispira al Piranesi. La simbologia sta nel titolo “relatività” , dove non esiste un unico punto gravitazionale, una riflessione sulla soggettività della condizione umana e sulle diverse aspirazioni.
Truman, l’ignaro protagonista di una soap opera, nasce, cresce, si sposa in diretta televisiva. Riconosciuto l’inganno della sua vita, decide di avventurarsi verso un mare in tempesta. Simbolico il momento in cui esce trionfante dal set per riprendere se stesso nella realtà: salendo le scale verso l’uscita dagli studi televisivi.
(1) gli stilobati sono i blocchi che costituiscono il basamento delle colonne
(2)Lo stiacciato è una tecnica scultorea che permette di realizzare un rilievo con variazioni minime rispetto al fondo.