La malinconia, la tristezza e il dolore si fanno immagine

paola magni
6 min readMar 20, 2024

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Il gesto iconografico, che si ripete dalla Grecia arcaica sino al novecento, per rappresentare la malinconia o il dolore controllato è la testa appoggiata al palmo della mano.

Penelope afflitta, 460–450a.C., Metropolitan museum, New York

Il gomito piegato, la testa reclinata e troppo pesante per non essere sorretta dalla mano, la vediamo in una terracotta di mezzo millennio prima di Cristo. si Si narra, infatti, del particolare sentimento di afflizione di Penelope per lo sposo, Ulisse, di cui non si conosce il destino dalla fine della guerra di Troia.

rilievo con corteo funebre, I sec, a. C., Museo Nazionale d’Abruzzo, L’Aquila

Particolare il rilievo del corteo funebre. E’ la defunta ad avere il volto appoggiato alla mano.

L’opera descrive il corteo funebre in epoca pre-augustea. Un corteo per un personaggio di alto lignaggio: praefiche, pagate per rappresentare il dolore, suonatori di corno; il feretro sostenuto da otto uomini. Molto probabilmente risente ancora della rappresentazione etrusca, dove, il defunto o i defunti erano riprodotti in posizione conviviale. Nel rito funebre di personaggi illustri, comunque, raramente si portava supino il defunto al foro per le esequie.

Gruppo ligneo con Madonna della Natività e Bambino, XIV sec., convento San Nicola, Tolentino, Macerata

L’atteggiamento, come la posa sdraiata, della Vergine fu un’iconografia che ebbe poco seguito nella descrizione gestuale della Madonna durante la rappresentazione delle Natività. Maria e Giuseppe sono sicuramente malinconici per il destino del Bimbo appena giunto.

Arianna, Metà del II secolo d.C, Uffizi, Firenze

L’opera propone Arianna che si abbandona al sonno dopo essere stata lasciata a Nasso da Teseo, poco prima di essere svegliata da Bacco che ne farà la sua sposa. La posa delle due braccia riesce a condensare due momenti dei due sentimenti contrastanti : l’infelicità e la malinconia con quella che poi sarà il suo risveglio e l’estasi dionisiaca.

particolare del Crocifisso di San Domenico, 1270 , Cimabue, Chiesa di San Domenico, Arezzo

Nei capocroce del braccio orizzontale del Crocefisso sono dipinti la Vergine e San Giovanni.

La Vergine, sicuramente tratta dall’iconografia bizantina, è descritta con una marcata linea scura. Il comune gesto della mano sul volto, questa volta accompagnato da un panno bianco per asciugare le lacrime copiose è presente. Tuttavia, non rappresenta disperazione (come le braccia sollevate) ma dolore profondo domato da un forte autocontrollo.

Madonna della gatta, 1522–1523, Giulio Romano, Museo di Capodimonte, Napoli

Sant’Anna vicino alla Vergine è pensosamente malinconica per il destino di Gesù e S.Giovanni Battista, bambini.

La Madonna della Perla,1518- 1520, Giulio Romano, Museo del Prado, Madrid.

Stesso soggetto e uguale malinconia.

Sacra Famiglia sotto la quercia,1518, Raffaello Sanzio e aiuti, Museo del Prado, Madrid.

In quest’opera, molto simile per la composizione alle precedenti, è San Giuseppe ad avere l’espressione tormentata. Mentre nella “ Madonna della gatta” si intravedeva appena, in fondo, sul varcare dell’uscio.

Doppio ritratto, 1502–1505, Giorgio da Castelfranco detto Giorgione, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia a Roma.

L’enigmatico Giorgione ci propone due giovani, rimasti ignoti. L’uomo in primo piano è malinconico e impensierito mentre strige un un melangolo, tipo di arancia selvatica, simbolico dell’incapacità di coltivare un amore. La figura umana in secondo piano è quasi corrucciato: l’espressione appare cinica in opposizione al protagonista in primo piano. Come se disapprovasse le pene che si infligge l’amico.

Particolare di Eraclito ne la scuola di Atene, 1509–1511, Raffaello Sanzio, Stanza della Segnatura, Vaticano

Nell’opera di Raffaello i personaggi prendono il volto da suoi contemporanei come Leonardo che interpreta la figura centrale di Platone.

Eraclito, pensieroso ed imbronciato, malinconico e solitario, sembra proprio essere Michelangelo che era impegnato nella Cappella Sistina Particolare interessante sono gli alti stivali afflosciati del filosofo-artista. Secondo Giorgio Vasari era solito indossarli sempre!

Ritratto di Fortunato Martinengo Cesaresco, 1542, Moretto, National Gallery, Londra

Si tratta di un ritratto di fidanzamento. Infatti, proprio nel 1542, Fortunato sposò Livia d’Arco. La scritta in greco nel risvolto del cappello piumato si traduce con “…troppo desiderio..” e la posa languidamente malinconica fa apparire il fidanzato impaziente di giungere alle nozze.

Maria Maddalena come la Malinconia, 1622–1625, Artemisia Gentileschi, el Museo Soumaya di Città del Messico.

Una iconografia insolita per Maria Maddalena: accasciata su una sedia e raccolta nella sua tristezza. Quasi un autoritratto di Artemisia Gentileschi delle proprie sofferenze morali e anche corporali subite (fu torturata per aver accusato il suo violentatore)

Geremia lamenta la distruzione di Gerusalemme, 1630, Rembrandt, Rijksmuseum, Amsterdam

Il gesto di afflizione, malinconia, meditazione dolorosa è presente in questo particolare dipinto. Rembrandt ha saputo coniugare un sapiente uso di luce ed ombre al fine di far risaltare i sentimenti del profeta che arrivano, nella loro tristezza, anche agli osservatori. La solitudine in cui Geremia è immerso ne esalta la grandezza, anche attraverso alcuni espedienti iconografici: come essere seduto quasi su un trono.

Ritratto del dottor Gachet , 1890, Vincent van Gogh, collezione privata

ll Ritratto esprime non solo malinconia ma anche una stanchezza di vivere,infatti Gachet aveva da poco perso la figlia. Sul volto compare una disillusione provata dallo stesso van Gogh, nei valori della sua epoca.

Melankoli, 1892, Edvard Munch, National Museum of Art, Architecture and Design, Oslo

Munch dipinge una serie di opere autobiografiche sulla malinconia.

Melankoli, 1894, Edvard Munch, Collezione Privata

Munch, per mettere in immagine la sua stessa malinconia, disarticola il paesaggio in forme sinuose caricandolo di colori inusuali. Ciò crea l’atmosfera malinconica che si riflette nell’ambiente dalla mente dell’artista.

Arlecchino pensoso, 1901 , Pablo Picasso. Metropolitan Museum of Art di New York

Picasso domina l’opera con una sinfonia di blu: sfondo, abito, tavolino. Per contrasto inserisce fiori gialli e rossi su verde pallido, come a definire una sorta di fregio. Il colore freddo rappresenta il suo sentimento di profonda malinconia per la morte dell’amico Casagemas, come lui stesso affermerà.

Bambina con il cerchio,1901, monumento funebre, Giuseppe Maria Sartorio, Cimitero di Iglesias, Sud Sardegna

Lo scultore nato a Boccioleto nel Vercellese, studiò a Varallo Sesia e divenne garzone in una bottega di intaglio nel legno. Termino gli studi artistici prima a Torino e poi a Roma.

L’opera dedicata a una bimba morta a soli sei anni per una meningite, riesce a sintetizzare il dolore funebre con una immagine consolatoria dell’innocente freschezza puerile.

ET QUID AMABO NISI QUOD AENIGMA EST? , 1911, Giorgio de Chirico, Collezione privata

L’autoritratto di profilo con la posa di malinconia rappresenta la peculiarità spirituale che ha determinato il percorso artistico de Chirico. Probabilmente affascinato dalle meditazioni di Nietzsche, l’artista ha evinto quell’atmosfera assorta e silente che poi traslato nella Metafisica.

Il titolo “che cosa amerò se non l’enigma ?” fa pensare ad una solitudine che riesce a colmarsi solo attraverso un intelligenza non comune che riesce a mediare la cultura classica con la modernità.

Il giovane apprendista ,1918-1919, Amedeo Modigliani, Museo dell’Orangerie di Parigi.

Le mani quasi troppo grandi per il viso quasi adolescente, l’abito da lavoro usurato, la camicia senza collo e, naturalmente la posa, fanno pensare ad un giovane uomo che combatte con la tristezza. Modigliani sembra voler essere solidale con il giovane rendendogli quella solidità scultorea che apparentemente non ha nella propria psiche.

Ritratto di Alberto Moravia, 1978, Adriana Pincherle, Casa Museo Alberto Moravia, Roma

L’artista è la sorella maggiore dello scrittore. Forse solo lei, conoscendolo, ha potuto trarne l’essenza malinconica. Guttuso, invece, lo ritrae come un pensatore.

Ritratto di Alberto Moravia,1982, Renato Guttuso, Casa Museo Alberto Moravia, Roma

E’ tangibile la differenza. Il ritratto intimo della sorella, l’indagine sull’intellettuale, quello di Guttuso.

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