Pablo Picasso: dagli esordi al periodo blu
Maria Picasso — cognome italiano molto comune nell’area genovese- Lopez era la madre di Pablo. L’artista decise di adottare “Picasso” al posto del cognome paterno Ruiz Blasco, forse perchè quest’ultimo sembrava troppo “comune” o per l’affetto verso la madre che, nonostante difficoltà economiche, lo spinse a seguire le sue attitudini.
Ed effettivamente, Pablo era molto portato verso la pittura. Il dipinto del vecchio marinaio fu eseguito quando aveva 14 anni!
Negli autoritratti si nota la precoce genialità di Picasso che, quindicenne, riesce a cogliere da un lato la chiarezza espressiva mentre,contemporaneamente, sintetizza colori e forme dal forte impatto emotivo.
Nel secondo autoritratto, quasi una analogia con Michelangelo sul non-finito, si coglie la forte espressività del giovane. Si notino, infatti, gli occhi neri e profondi che sembrano indagare al di fuori della tela, la posa spostata a sinistra, il gioco di bruni e terre con l’unico punto luce nel candido colletto.
Tuttavia è in questa scena di genere che il giovane Picasso riesce a evincere dal contesto la protagonista dell’opera: la cara sorella Dolores, detta Lola, da cui si irradia un bianco splendente e che sembra il generatore della luce, mentre le uniche due candele sembrano non riuscire a vincere la penombra. A destra viene ritratto il padre, in piedi, mentre la madre è inginocchiata.
Ma perchè solo due candele sono accese? Alcuni sostengono che Picasso abbia voluto ricordare la sorella minore che morì, a sette anni di tubercolosi, l’anno precedente.
Ancora un’opera che mostra tutta la competenza tecnica del giovanissimo Picasso e della sua conoscenza di Velasquez, Zurbaran e Murillo.
Il ritratto della madre è forse il prototipo dei ritratti maturi: solo il volto è perfettamente riconoscibile, eseguito con molta accuratezza tanto da far brillare l’orecchino.
Il ritratto del padre ,eseguito di getto, vuole sottolineare un peculiarità del personaggio: probabilmente, quello di un grande disegnatore che non divenne mai artista. Il volto magro e, forse troppo, allungato si stempera nell’ocra.
Il dipinto venne posto all’attenzione del pubblico all’”Esibizione Generale delle Belle Arti” di Madrid . Naturalmente, per il forte realismo e l’ottima fattura, ottenne molto successo.
Picasso si trasferisce a Parigi nel 1900 e qui osservando da vicino le opere di Toulouse-Lautrec, di Manet e di Degas, respirando la vita notturna, il suo stile comincia a mutare.
L’opera -che ci ricorda anche nel titolo Renoir- è lo spaccato di una nuova realtà che l’artista sta vivendo e osservando. Tanto che alcune ragazze, invece di danzare, si mettono addirittura in posa e osservano il pittore all’opera.
Molto simile anche a quello di Toulouse-Lautrec. D’altro canto Picasso stesso suggerisce a chi vuole diventare artista di “copiare” e “ricopiare” le opere famose.
Lo scrittore e poeta amico di Picasso viene descritto nel nuovo modo di dipingere. In quest’opera l’artista comincia ad annullare le proporzioni, sintetizzare i colori e le forme, e adotta un modo grafico quasi deformante al fine di aumentare l’espressività e il carattere del personaggio.
Difficili non notare la citazione a Degas, come, anche, un omaggio a Manet nello specchio che fugge a sinistra.
Come in Degas si vuole sottolineare la solitudine e, tuttavia, Picasso con quel particolare atteggiamento della donna riesce a definire un recesso volontario dal mondo, un chiudersi verso l’esterno, l’impenetrabilità accanto ad una malinconia profonda.
Uno autoritratto di Picasso ventenne, acceso dal grande jabot rosso e mandarino al collo, la camicia bianca macchiata dai colori. Molto diverso dai pacati autoritratti dell’adolescenza, non muta però l’accento vivo degli occhi penetranti che scrutano l’osservatore.
L’autoritratto precedente fu l’ultimo dipinto con colori vivaci. Dal 1901, infatti, la morte dell’amico Casagemas, quasi impose a Picasso -secondo le sue stesse parole- di vedere la realtà solo attraverso il colore blu delle sue lacrime.
Il pesante cappotto con cui si ritrae appare non scaldare il freddo che l’artista sente per la mancanza dell’amico; lo sguardo ha perso la vivacità e si ammanta di tristezza; gli anni -solo 20, per la verità- disegnano piccoli solchi d’espressione nelle guance.
Casagemas nella bara è un’opera struggente, di un realismo crudo.
Nell’opera “evocazione” il linguaggio di Picasso cambia -lo si potrebbe scambiare per Chagall- e, come in una pala d’altare religiosa, assimila il concetto della morte terrena alla vita eterna spirituale. Tuttavia, non cessa di essere laico e gli angeli che accompagnano l’anima di Casagemas verso l’ambiente uranico vengono sostituiti da donne nude che, molto probabilmente, sono prostitute.
Dietro all’apparente quotidianità del gesto, il dipinto in realtà nasconde un segreto. Gli storici dell’arte statunitensi hanno infatti scoperto che, con i raggi a infrarossi, sotto si rivela l’immagine di un uomo. Probabilmente, Ambrogio Villard , mecenate dello stesso Picasso.
Certo non può sfuggire ancora la citazione a Degas.
Ma mi ricorda anche l’opera di Federico Zandomeneghi, un pittore impressionista italiano.
In realtà, tutti e tre i dipinti mostrano una posa classica, ovvero quella di una Venere sorpresa durante le abluzioni.
Durante il soggiorno parigino, Picasso si recò nell’ospedale che ospitava prostitute, il Saint-Lazare per farne schizzi. Molto probabilmente l’opera è la rielaborazione di uno di quegli appunti grafici poichè in una lettera al poeta e amico Max Jacob scrisse:” … vado a dipingere… L’incontro di una prostituta dell’ospedale della prigione con la sorella, una suora…”
Picasso, nonostante l’evidente tema malinconico ai limiti del drammatico, accentuato dal colore blu che sfuma nel nero, riesce a dare monumentalità alle due figure, facendone un’opera solenne e quasi religiosa.
Come poi si verificherà nel bianco e nero di Guernica, la monocromia che pervade tutto il dipinto accentua la rinuncia. La rinuncia alla speranza sottolineata dalla rinuncia dei colori della vita. L’allungamento sproporzionato dell’anziano, con i piedi nodosi in primo piano, descrive una magrezza eccessiva in antitesi con il ragazzo che sta sbocconcellando un tozzo di pane. La decisione, inoltre, di non mettere uno sfondo, sembra essere voluta per non dare alla scena alcun riferimento spaziale o temporale, come a voler definire l’invisibilità dei reietti.
La donna che sta stirando, piegandosi per trasmettere all’utensile il peso del suo corpo, ci trasmette un forte senso di stanchezza.
Pur ricordando l’opera di Degas nella descrizione della stanchezza del proletariato, Picasso riesce sinteticamente a definire non un momento ma a trasmettere la rappresentazione dell’operosità faticosa di tutte le donne.
Il soggetto del dipinto, è una donna reale di umili origini.Seppure non del tutto anziana, la cataratta le conferisce un aspetto fosco.
Il nome del dipinto trae origine dalla protagonista di un romanzo spagnolo del XV secolo in cui una anziana si intromette malevolmente in una storia d’amore per lucro. La morte del giovane e il suicidio della sua amata, porteranno severe conseguenze alla ruffiana.
Un’opera che ha ancora il tema dell’emarginazione, del dolore, della sofferenza. Tuttavia, appare preponderante la chitarra, quasi a riscattare il vecchio che, attraverso la sua arte, sembra ottenere un riscatto sociale.