Surrealismo

da Bosch a Ernst, passando dalla metafisica

paola magni
7 min readOct 26, 2022
André Robert Breton — foto Wikipedia

Nel 1924, il poeta Andrè Breton (1) elaborò il Manifesto del surrealismo dove si esponeva il significato del movimento. In sintesi, il surrealismo proponeva all’artista di esprimere il proprio “io” interiore -testualmente o graficamente-senza alcuna moderazione dei meccanismi tipici della ragione o delle inibizioni dovute alla cultura o alla morale.

Sigmund Freud

La libertà creativa espressa verbalmente, testualmente o graficamente dei surrealisti viene raggiunta solo lasciandosi guidare dall’inconscio.

Naturalmente le scoperte del neuropsichiatra Sigmund Freud (2) sono alla base dell’elaborato di Breton. In sintesi, Freud sostiene che la “consapevolezza” dei comportamenti umani avviene attraverso la “ponderazione” -dovute al controllo della ragione- delle pulsioni dell’inconscio.

Il Grande Metafisico, 1917, Giorgio de Chirico,, New York, The Museum of Modern Art (MoMA)

Fondamentale per la formazione del pensiero di Breton fu anche la metafisica elaborata da Giorgio De Chirico (3) .

De Chirico sostiene che il metafisico non descrive la realtà ma la interpreta, mettendo in luce ciò che va oltre l’esperienza visiva e sottolinea l’essenza, finalmente svelata, della natura. Secondo De Chirico l’opera d’arte, per essere tale, doveva uscire completamente dai confini dell’umana ragionevolezza in quanto il buon senso e la logica avrebbero danneggiato la creazione artistica.

Il pensiero di De Chirico nell’opera “Il grande metafisico” si struttura secondo un moto ascendente: il manichino, infatti, da quella posizione superiore può vedere oltre la realtà. Una realtà, che nel 1917 era martoriata dalla prima guerra mondiale, dalla sanguinosa rivoluzione russa e poi dall’epidemia dell’influenza spagnola che dal 1918 e sino agli anni ’20 uccise oltre un centinaio di milioni di persone.

Tuttavia il manichino è privo di occhi, di orecchie e di un cervello e De Chirico ci sprona a non lasciarsi ingannare e a superare ciò che ci impedisce di vedere in modo critico la vita.

PARTICOLARE da Trittico del Giardino delle delizie,1503–1504, Hieronymus Bosch, Prado, Madrid

Mentre nel primo Cinquecento artisti italiani ed europei dipingono una natura minuziosa, volti angelici, addolorate Pietà, Bosch (4) affolla le sue opere di creature antropomorfe e fantastiche, immersi in fondali infiniti, gioiosi o terrificanti.

Bosch visualizza la corruzione e i gli istinti dell’uomo e della donna che, all’epoca venivano stigmatizzati e, secondo la morale dell’epoca, li rendevano simili alle bestie. Le sue opere sono, quindi, simboliche come una suora che si trasforma in una scrofa mentre sta abbracciando un uomo.

PARTICOLARE da Trittico del Giardino delle delizie,1503–1504, Hieronymus Bosch, Prado, Madrid

Un pallido uomo trasformato in un albero il cui addome viene gonfiato come un uovo aperto. All’interno si trova una bettola e sul capo porta un piatto con una cornamusa: i personaggi sono ubriachi, sordidi bari o dediti a piaceri carnali.

PARTICOLARE da Trittico del Giardino delle delizie,1503–1504, Hieronymus Bosch, Prado, Madrid

Un mostro seduto è intento a mangiare e al contempo defecare peccatori, mentre un avaro vomita monete. Una donna , probabilmente la personificazione della superbia o della vanità,si sta specchiando nelle terga di un mostro verde.

Cristo porta-croce, 1515–1516, Hieronymus Bosch, Musée des Beaux arts, Gand.

Cristo porta-croce è considerata l’ultima opera dell’artista. Bosch abbandona sia il campo visivo lontano che le piccole figure mentre carica di forti espressioni la folla accalcata. I visi sono indagati senza alcuna pietà o idealizzazione, anzi vengono caricati a rappresentare tutta la bruttura e la disarmonia dell’animo che ha quel volto.

L’ immaginario visivo che Bosch ha riportato nei suoi dipinti ha varcato quello che Breton chiamava “io” e si è avvalso, attraverso la fantasia, di una figurazione che ha acquistato modernità e surrealismo.

Incubo notturno, 1782, Johann Heinrich Füssli, Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti d’America

Fussli era un affermato pittore romantico. Le sue opere trattate nei manuali si storia dell’arte o nei saggi, tuttavia, sono l’aspetto della poetica romantica che liberano l’inconscio attraverso il sogno. La fanciulla che si contorce nel sonno concretizza il proprio stato allucinatorio in due animali che emergono dal buio profondo. La scimmia è sempre stata associata simbolicamente in modo negativo alla malvagità e alla mancanza della ragione per il carattere imitativo, frivolo e talvolta dispettoso. Il cavallo può, invece, incarnare la lussuria soprattutto nel colore nero.

Autoritratto, 1936–37, Leonora Carrington, Metropolitan Museum of Art, N.Y.

Leonora Carrington e Max Ernst si incontrarono nel 1936, durante una esposizione londinese del gruppo surrealista. Leonora diciannovenne e Max, con quasi vent’anni in più, si innamorarono all’istante. Nel 1939 Max fu arrestato dai nazisti mentre Leonora venne rinchiusa in un manicomio. Riescono poi a fuggire tutte e due negli Stati Uniti con l’aiuto di Peggy Guggenheim.

L’artista surrealista si rappresenta in una stanza accanto a una iena, ricordando gli istinti primordiali che tutti noi possediamo, mentre un cavallo, simbolo di libertà, corre al di là di una finestra arredata come un baldacchino. In alto l’alter ego della libertà è un cavallo a dondolo, forse legato alla formazione della personalità dall’età infantile a quella matura. Molto più probabilmente il cavallo a dondolo è la consapevolezza di non poter essere veramente liberi.

Il compleanno, 1942, Dorothea Tanning, Filadelphia Museum of Art,Usa

Dopo aver divorziato da Peggy Guggenheim (6), Ernst sposa l’artista Dorothea Tanning (7)Pare che Ernst avesse avuto modo di vedere il suo autoritratto nel dipinto “Il compleanno” e che si innamorò subito dell’autrice.

Tanning disegnava con accuratezza e usava sapientemente colori, come Renè Magritte (8). Attraverso la sua pittura riusciva, quindi, a evocare una scena onirica ma con dettagli minuziosi da apparire reali. Nel dipinto le porte -simbolo della complessità della psiche umana- fanno da sfondo ad una donna che può ricordare il mito di Apollo e Dafne ma che sottolineano il ruolo della donna come dea generatrice di energie. La piccola creatura alata polimorfa sembra quasi un gatto alato con una coda da scimmia. Il gatto e la scimmia possono essere simbolici della sensualità mentre le ali alludono all’appartenenza alla sfera dell’ambiente uranico, quindi alla capacità di elevazione.

La Vergine sculaccia il Bambino Gesù davanti a tre testimoni, 1920, Max Ernst, Ludwig Museum, Colonia

Max Ernst (9) entra in contatto con tutti i movimenti artistici delle avanguardie del ‘900 e tuttavia il suo percorso artistico si svolge in modo assolutamente personale. Si avvicina al gruppo dada, entra nel surrealismo, inventa e aderisce alle nuove tecniche come il frottage ma rimane affascinato solo da De Chirico con il quale condivide l’idea che solo l’arte è l’espressione della libertà e della denuncia di un potere oligarchico.

Ne “La Vergine che sculaccia il Bambino” i tre testimoni sono i promotori del Surrealismo: Ernst, Breton e il poeta Eluard. I tre artisti assistono da una piccola finestra una scena di vita quotidiana dove il figlio del Divino è un vero uomo, come il dogma cristiano. Il dipinto è chiaramente un manifesto surrealista in quanto mette in luce ciò che rimane occultato per ragioni morali o religiose.

La Madonna dei palafrenieri, anche detta Madonna della Serpe, 1606, Caravaggio.Galleria Borghese di Roma.

D’altro canto, anche Caravaggio (10) fu aspramente criticato per il suo dipinto: la Vergine troppo scollata e il bambino troppo cresciuto per essere mostrato nudo. Pare proprio che Ernst abbia voluto citare l’opera del Merisi attraverso l’abito e l’età del Bambino.

Sant’Anna Metterza,1424–1425, i Masaccio e Masolino da Panicale, Uffizi di Firenze

Anche Masaccio (11) mostra la Vergine che tiene il Bambino in modo da far notare il suo sesso. Per molti critici è proprio l’intenzione dell’artista per dimostrare il Divino che si è fatto Uomo.

La Vestizione della Sposa, 1940, Max Ernst, Collezione Peggy Guggenheim di Venezia

Enigmatico e complesso, il dipinto La vestizione della sposa può essere letto come un rito di iniziazione. La donna nuda che viene ricacciata all’indietro dalla sposa è il simbolo della verginità, inteso come non ancora conoscenza (12). La sposa è ammantata di rosso e ha il capo coperto da un cappuccio che ricorda una civetta, simbolo di saggezza. Un uccello verdastro con gambe antropomorfe ha in mano una lancia puntata all’inguine della sposa.

Lo Sposalizio della Vergine, 1504, Raffaello Sanzio, Pinacoteca di Brera a Milano

La lancia è, tuttavia, spezzata quasi una citazione a Raffaello (13).

Il dipinto sulla parete ritrae la sposa nella stessa posa ma in un paesaggio naturale, con un cielo azzurro e profondo: quasi a simboleggiare la perduta solitudine e l’ingresso verso un mondo di relazioni.

In basso una figura piccola e mostruosa rappresenta un androgino: un essere sia maschile che femminile. il ventre è gonfio come in una gravidanza, ha quattro seni e un pene. Sta piangendo.

Se intendiamo il dipinto come la rivelazione di ciò che rimane occultato per motivi morali, possiamo dedurre che il matrimonio,nel 1940, era l’unico modo per le donne di uscire dalla casa del padre e di avere una -certa- libertà sessuale.

(1) nato in Francia nel 1896 e morto a Parigi nel 1966

(2) Moravia 1856, Londra 1939

(3) Grecia 1888, Roma 1952

(4) …. morto nel 1516

(5) 1917–2011

(6) 1898- 1979

(7) 1910, 2012

(8) 1898- 1967

(9) 1891–1976

(10) 1571- 1610

(11) 1401–1428

(12) biblicamente, infatti, una vergine si manifesta come non aver conosciuto uomo

(13) 1483- 1520

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