“Tagliategli la testa” urlò la regina di cuori…
Alla Galleria BKV Fine Art di Milano ,via Fontana 16, è presente la mostra Perdere la testa, in programma dal 25 ottobre al 20 dicembre 2024.
Nella storia dell’arte vengono spesso rappresentati martiri e decapitazioni ma le più famose sono quelle di Oloferne, del gigante Golia e di San Giovanni Battista.
Interessante sarà notare la differenza espressiva dell’eroe o dell’assassino, nel caso di Salomè e di Erodiade, con il volto del decapitato. Mentre la testa di San Giovanni avrà una manifestazione di calma serena, il volto di Oloferne e di Golia sarà, a volte, contratto dall’uro di rabbia per essere stato ingannato da quello che credeva un inferiore a lui. In altre rappresentazioni, invece, non avrà manifestazione di dolore o rabbia, per una scelta dell’artista o per il periodo storico in cui si sono eseguite le opere.
Nel caso di Golia e Oloferne il significato implicito è che la forza brutale viene sconfitto dalla ragione e dal bene -eterna lotta bene contro male, razionalità contro bestialità - mentre, per San Giovanni esprime la vittoria del male, in quanto trucidato dal potere a causa delle sue scomode parole.
La scultura di Donatello è ancora legata in parte al tardo gotico per la figura allungata — si notino, ad esempio il collo e le mani- e compresa in uno spazio a sesto acuto ma già si nota una certa appartenenza alla tendenza classica legata alla statuaria romana.
L’opera, sempre di Donatello, è di un artista sicuramente più maturo e ormai pienamente aderente a dettami rinascimentali. La mano su un fianco tiene un sasso mentre l’altra impugna la spada che ha decapitato Golia. La nudità di Davide, inoltre, non è solo legata al repertorio classico ma simboleggia l’umiltà del piccolo eroe contro l’arroganza dell’oppressore.
Il tema della Giuditta, come quello di David, è molto frequente nell’arte del ‘400 e proprio per il valore politico dell’oppresso che scaccia il despota. L’eroina biblica è un simbolo di virtù femminile e del suo sacrificio per salvare il proprio popolo, analogamente come dovrebbe essere il cittadino che si ribelle all’ingiustizia, combattendo per una giusta causa.
Non c’è traccia di dramma nel dipinto botticelliano: tutto è armonia. Le due donne che avanzano verso Betlulia sembrano incedere con passi di danza mentre si allontano dall’accampamento del generale Oloferne.
Se pur simile simile a quella di Donatello, l’opera del Verrocchio si distacca dalla nudità e veste David come un giovane paggio. L’adolescenziale viso si increspa leggermente in un sorriso orgoglioso per la vittoria.
L’espressione che Mantegna dipinge sul volto di David è distaccata, forse meditabonda dei fatti accaduti. Guardando la testa ormai recisa dal corpo che giace a terra. Un piede di David schiaccia un braccio inerte come a voler rimarcare la sua vittoria.
Mantegna tende all’affermazione eroica dell’uomo e della donna virtuosa. Come per David l’accento non si pone nel fatto, nel pathos, nel dramma ma sull’atto eroico che porta alla libertà. David e Giuditta diventano figure monumentali per le loro gesta e per la loro fierezza attraverso una costruzione pittorica che tende a dare la fisicità plastica tipica delle statue.
Giorgione illustra l’epilogo del racconto biblico traslando Giuditta come la Vergine Maria che schiaccia la testa al serpente. L’artista si distingue per la scarsità di notizie biografiche o documenti che potessero fare luce sul pensiero di questo innovatore della pittura veneta.
Notiamo spesso nelle sue opere una luce soffusa che illumina il soggetto principale da dietro rendendo una morbidezza che, quasi in controluce, disperde l’osservazione verso un paesaggio infinito alle sue spalle. Giuditta ha gli occhi abbassati e schiaccia con il piede la fronte di Oloferne.
Sicuramente di forte impatto, l’opera stempera nell’oblio gli altri personaggi della vicenda. L’importante è rappresentare il brutale omicidio commesso ingiustamente e indegnamente.
Caravaggio, come solitamente ci ha abituati, ricerca una indagine psicologica dei due personaggi antagonisti e attribuisce la fierezza e l’eroicità di David come pure la brutalità di Golia, a se stesso.
E’ infatti Caravaggio stesso che si auto ritrae sia in un giovane David che nel maturo Golia. Il giovane fiero e senza peccato che ha vinto il male, allontana da sè la testa di Golia che come la Medusa ha la bocca ancora aperta per la sorpresa di essere stato vinto da un adolescente.
Tuttavia David punta la spada verso se stesso e soprattutto verso il proprio inguine, evocando quanto nella sua età matura lo stesso David farà uccidere il marito della bella Betsabea, la sua giovane amante che aspettava un figlio.
In quanto adultera, Betsabea avrebbe dovuto essere lapidata ma David, ormai divenuto re, cerca di far unire i due sposi per legittimare il figlio che attendeva Betsabea. Uria, integerrimo, non accetta e David lo invita a ripartire nella battaglia sul fronte più pericoloso. Uria muore e i due amanti possono sposarsi.
La composizione mette in luce solo l’indifferenza della giovane Salomè che riceve su un piatto argentato la testa di San Giovanni Battista. L’artista contrappone l’eleganza dell’abito, la luminosità dei gioielli, la ricercatezza dell’acconciatura della fanciulla con la pallida testa sanguinante .
In questo dipinto molto simile a quello del Solaro i personaggi sono tutti rappresentati: Erodiade, Salomè e il boia. Ciò che pone l’accento ai moti dell’anima, è il leggero sorriso della giovane che rivolge alla madre.
Un’insolita composizione per descrivere Giuditta. E’ sola, senza fantesca, il corpo decapitato si trova sullo sfondo. Nonostante la pacatezza del volto l’arma viene impugnata con vigore.
Il dipinto appartiene alla maturità della pittrice molto famosa e apprezzata in quel periodo dove le donne avevano scarsa se non nulla autonomia. Il soggetto viene ambientato nelle tenebre notturne con attenzione ai dettagli.
Giuditta è una vedova audace e pia, che trama di sedurre il tiranno per ucciderlo e liberare il proprio popolo, si presta ad essendo modello di virtù femminile molto apprezzato nell’età di Controriforma.
Anche Fede Galizia pone l’accento sull’eroicità di Giuditta. L’abbigliamento nobile e sfarzoso non sono altro che un simbolo delle virtù morali della donna.
Secondo una credenza popolare il dipinto conobbe molto successo anche per il riconoscimento dell’autoritratto del pittore in Oloferne e del ritratto della sua bellissima amante in Giuditta.
Naturalmente Rubens esprime il suo peculiare pensiero di opulenza e bellezza anche nei dipinti di maggior impatto emotivo. Giuditta e il giunonico corpo messo in evidenza da una luce che proviene dal basso e che sottolinea la sua rilevanza come soggetto principale.
Vermiglio pone in contrasto la raffinata compostezza di Giuditta con il corpo decapitato di Oloferne a destra grondante di sangue.
Molte sono le opere di questo tema iconografico eseguite magistralmente da Artemisia Gentileschi. Secondo l’indagine psicologica della biografia dell’artista proprio per essersi trovata ad affrontare eroicamente uno stupro prima ed una violenza fisica e dell’anima durante il processo . Infatti avendo denunciato l’uomo che le aveva usato violenza, si svolse un processo in cui Artemisia da vittima divenne l’accusata.
Giuditta è vestita di giallo come nell’opera di Allori, un colore molto particolare se si pensa che le prostitute erano obbligate ad indossare questo colore.
Il volto di Erodiade non vi ricorda qualcosa?
In quest’opera si evidenzia in parte l’influenza del Caravaggio, nell’uso della luce che esalta l’effetto del colore e nella drammaticità del soggetto e tuttavia lo sfondo, che appare come un pulviscolo dorato, pone il soggetto quasi in controluce.
Erodiade, la madre di Salomè, tenta di sfiorare la testa di San Giovanni Battista con gli occhi socchiusi e la bocca spalancata, mentre il capo rivolto all’indietro mostrano uno sgomento inaspettato.
Nel momento in cui lei ottiene il suo scopo e la sua vittoria sul Battista, appare che prenda coscienza dei suoi raggiri: in realtà vittima di rimorsi.
La tela non presenta nè il dramma e neppure i sentimenti. La critica del dipinto fu feroce, tanto che alcuni affermarono che sembrava una brutta copia di Raffaello ma senza alcuna grazia.
Un insolito David trascina, con evidente fatica, la testa gigantesca verso il villaggio mentre il cadavere decapitato viene scoperto dai filistei.
Tanzio da Varallo illustra un eroico adolescente biondo che ha appena decapitato il gigante Golia. Fedele al racconto biblico, l’artista pone in evidenza la ferita mortale alla fronte procurata con il lancio del sasso. I capelli di David sono colpiti non tanto dal vento ma per porre l’accento sulla forza del fanciullo durante la decapitazione del gigante.
Bella, fiera, ingioiellata, la Giuditta Di Klimt sintetizza tutta le diverse espressioni dei pittori che lo hanno preceduto. Non c’è solo la fierezza dell’atto o l’eroicità, Klimt pone l’accento sulla sua bellezza che si pone con un atto di alterigia verso l’osservatore.
Per terminare vorrei raccontarvi delle splendide ceramiche artigianali di Caltagirone-dai prezzi mirabolanti- che ho visto abbellire balconi, scalinate, interni di negozi ,…in un lontano viaggio in Sicilia.
Si narra che nell’anno Mille, durante la dominazione araba, un bellissimo giovane soldato si innamorò perdutamente di una fanciulla del posto che lo contraccambiò . Tuttavia l’amore dei giovani venne punito con la decapitazione di entrambi e le due teste poste al pubblico per ammonimento.
Eppure alcuni pensano che la tradizione si ispiri ad una novella del Boccaccio.
Il dipinto preraffaellita illustra la novella di Boccaccio che narra la storia di Lisabetta da Messina. Lisabetta si innamora di un giovane ma, essendo già promessa, i fratelli lo uccidono. Lisabetta sogna il suo amore che le rivela il suo omicidio e il luogo in cui è sotterrato, Lisabetta lo dissotterra e pone la testa dell’amato in un vaso seminando profumato basilico, innaffiandolo tutti i giorni con le sue lacrime.