Vulcano
Pompeo Gerolamo Batoni, di fama internazionale, è stato l’artista italiano che ha per primo proposto una pittura diversa da quella rococò e da quella veneziana. Aiutato dal pittore neoclassico Anton Raphael Mengs si modella sullo stile di moda, non come mero imitatore dell’antico ma come ricerca della bellezza ideale.
Vulcano viene presentato come un possente uomo all’interno della sua fucina, la testa china come in un momento di riflessione.
Lo scultore, figlio d’arte, riprende in sostanza la bravura del padre nel modellare il marmo ma perde di originalità. L’opera risente dell’influenza del Bernini e, in parte, riprende la posa dell’Ercole eseguito dal padre nel 1704.
Vulcano è il dio del fuoco e protegge fabbri e artigiani.
L’allegoria del fuoco simboleggia il dominio dell’uomo sull’elemento ma, allo stesso tempo, la furia del fuoco sull’uomo. Le vivaci fiamme che fanno la capigliatura si innescano sul volto composto da attrezzi per produrre il fuoco: la candela nel collo, la lampada ad olio sul mento e la pietra focaia per le orecchie. Altri strumenti di distruzione che producono fuoco formano il busto del personaggio: armi come cannoni e fucili.
L’artista si forma nella scuola lombarda della metà del Cinquecento e produce cartoni per le vetrate del Duomo,arazzi ed affreschi a Monza. Lo sviluppo manieristico delle famose “teste composte” si ha alla corte imperiale di Praga.
Piero di Cosimo -vero nome Piero di Lorenzo Chimenti- fu un pittore apprezzato anche da Gabriele d’Annunzio che lo citò nel suo romanzo “Il piacere”: “Giocondo e facile pittore, forte e armonioso colorista, che risuscitava liberamente col suo pennello le favole pagane”. Vasari, invece, scrisse che l’artista visse più da bestia che da uomo per le sue numerose eccentricità.
Nel dipinto l’artista narra come il giovane Vulcano, figlio di Giove e Giunone, abbia un aspetto deforme. Giove adirato lo afferra e lo getta dall’Olimpo. Un’altra versione del mito narra che è la stessa madre ha gettarlo dal cielo poichè nato deforme.
Le fanciulle che lo circondano sono ninfe e lo aiutano a rialzarsi. Vulcano rimase sulla terra per molti anni dove imparò il mestiere di fabbro.
Lo stile di Cosimo si connota nel Rinascimento fiorentino come si evince da questa opera e particolarmente nella descrizione della natura.
Quindi, Vulcano cresce sulla terra e qui imparò l’arte di forgiare metalli. Vulcano, per vendicarsi, forgia un bellissimo trono d’oro, d’argento e impreziosito con splendide gemme e lo inviò nell’Olimpo. Giunone si sedette ma restò intrappolata.
Nell’anfora attica viene narrato come Vulcano ritorni all’Olimpo per liberare Giunone. Bacco, per convincerlo, lo fa ubriacare e viene condotto dalle Menadi -donne che, insieme ai satiri, fanno parte del corteo di Bacco- sul monte, dimora degli dei.
Giove gli diede in moglie la bellissima dea Venere. Vulcano anche nell’Olimpo continua a forgiare armi, corazze e gioielli .
Dopo la prima formazione nella città natale, Anversa, l’artista verrà in Italia dove interpreterà il gusto manierista e classicista in modo personale, preferendo temi mitologici o della letteratura a soggetti religiosi.
Originale è la presentazione dei coniugi dell’Olimpo. Vulcano in primo piano si volge a Venere all’interno della sua fucina mentre un piccolo Cupido ci volge le spalle. Intensa la luce a destra del dipinto che pian piano diventa ombra profonda all’estrema sinistra permettendo di far emergere Venere in una posa sensuale mitigata dagli occhi abbassati.
Alcuni miti narrano che la moglie di Vulcano fosse Maia, una dea duplice. Poteva, infatti, essere l’immagine del fuoco distruttivo, insieme a Vulcano che simboleggiava il calore della terra, e, al contrario, rappresentare l’inizio della primavera -maggio- e a lei si doveva la fertilità dei campi e del bestiame.
Vasari rappresenta un momento dell’Iliade di Omero in cui si descrive Vulcano, il dio del fuoco, intento a forgiare lo scudo di Achille. Vulcano mostra a Minerva le armi su cui sono cesellate il segno zodiacale del capricorno e dell’ariete.
Il dipinto è chiaramente celebrativo della famiglia Medici: Francesco e suo padre Cosimo. Minerva, inoltre porge a Vulcano un Compasso e questo allude all’Ingegno sostenuto dalla Tecnica -di Vulcano-.
La Pace sorvola la fucina con un ramo di ulivo simboleggiando la prosperità sotto la guida dei Signori fiorentini.
Rubens, pittore barocco, interpreta Vulcano come un fabbro intento nel suo lavoro. Circonda la figura del dio nell’ombra per esaltare la battitura del metallo che emette scintille. In quell’oscurità sembra di sentirne il clangore attraverso il colpo di luce che sottolinea la fisicità del fabbro.
Van Dyck narra l’episodio in cui Venere si reca nella fucina di Vulcano per chiedere l’armatura per suo figlio Enea, avuto dal mortale Anchise. Dipinto barocco presenta sicuramente l’horror vacui, ovvero la tendenza di non lasciare spazi liberi.
Nel palazzo Ducale di Mantova si trova la Sala di Troia. Sul soffitto vi sono scene della battaglia mentre sotto gira un cornicione di stucco dorato e i dipinti delle pareti sono distinti in quadri. Nelle scene sono rappresentate le vicende della guerra di Troia. Fra le altre, vi è quella della consegna, da parte di Vulcano, alla ninfa Teti dell’armatura per suo figlio Achille . La vicenda è narrata da Omero nell’Iliade.
In questa scena Velazquez narra il momento in cui Apollo, raffigurato come portatore di luce, con la corona di alloro nei capelli ed un’aureola di raggi intorno, comunica a Vulcano la notizia del tradimento della sua sposa Venere con Marte. Particolari le espressioni stupite degli aiutanti di Vulcano mentre nel suo volto già si insinua la rabbia. Velasquez in quest’opera, realizzata in Italia, sembra rivolgersi a Caravaggio: umile la fucina, i lavoratori, la luce radente da sinistra che plasma i corpi.
Vulcano si infuria e medita vendetta.Costruisce, quindi, una rete invisibile e la lega al letto. Venere e Marte vengono così colti in flagrante durante il loro incontro e rimangono intrappolati nella rete.
Chiama poi tutti gli dei a deridere i due e solo Nettuno lo convincerà a sciogliere l’incantesimo e liberarli.
Tintoretto racconta che Marte si è nascosto sotto il tavolo da cui spunta la sua testa con l’elmo, mentre Vulcano scosta le lenzuola e Venere cerca di liberarsi dalla rete. Un piccolo cane abbaia verso Vulcano quasi a richiamare l’attenzione su Marte. Amore è nella culla con una freccia in mano.
L’artista barocco interpreta in modo letterale il mito. Come Tintoretto aggiunge alla scena il cane che abbaia. Il simbolo della fedeltà si rivolge a Vulcano mentre intrappola nella rete Marte e Venere.
Gli dei guardano la scena mentre amore scorre la tenda rossa nell’intento di rendere ancora più chiaro l’adulterio.
Anche se l’opera è concepita come il mito, tuttavia appare vero ciò che dicono i critici: il colore è monotono, le allusioni simboliche -come le colombe o l’armatura- fredde ed incapaci di ispirare emozioni. Sembra una brutta copiatura dei dipinti di metà Settecento.